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Basilica di Santa Croce

La chiesa fiorentina di Santa Croce è un luogo dai molti primati. È la chiesa francescana più grande costruita nel Medioevo - insieme all’importante convento - e uno dei massimi esempi del gotico italiano. Già dal primo Rinascimento è stata una scuola teologica di grande fama – tra i suoi allievi vi fu anche il giovane Dante Alighieri, negli anni della sua formazione letteraria.

Nel grande convento, hanno trovato ospitalità alcune tra le più autorevoli personalità del mondo politico, artistico, letterario senza contare che, nel tempo, Santa Croce si è trasformata in vero e proprio Pantheon delle glorie nazionali - vi sono ospitate ben 15.000 sepolture, tra cui quelle di Michelangelo, Niccolò Machiavelli, Galileo Galilei ma anche di personaggi del mondo moderno, come Enrico Fermi o Guglielmo Marconi. E, naturalmente, la basilica è stata un eccezionale laboratorio artistico, nel quale hanno operato le personalità più celebri del mondo dell’arte.

Nei suoi sette secoli di storia, la chiesa si è arricchita delle donazioni delle ricche famiglie cittadine, che ottenevano in cambio il privilegio della sepoltura nelle sue numerose cappelle. Oggi, il suo patrimonio artistico è davvero straordinario e attira quasi un milione di visitatori l’anno.

Originariamente, l’aspetto esterno della chiesa era piuttosto modesto, con la facciata quasi priva di decorazioni e in pietra marrone, secondo un modello molto diffuso a Firenze già dall’XI secolo. Ma l’apparente semplicità dell’esterno celava, appena entrati, un aspetto assai più spettacolare: la struttura richiamava le antiche basiliche paleocristiane romane ma la dimensione era decisamente più monumentale e grandiosa e rappresentò una vera sfida alle capacità tecniche del tempo.

Il suo progetto originario, del 1294, è tradizionalmente attribuito ad Arnolfo di Cambio, il grande architetto ideatore del rinnovamento della Firenze di fine Duecento. Venne costruita a spese della Repubblica fiorentina, secondo la consuetudine, visto che le grandi chiese non soltanto glorificavano i santi, ma celebravano il prestigio dell’affermata borghesia cittadina. I francescani decisero di sostituire la chiesetta originaria con una vera e propria cattedrale, contravvenendo ai principi del proprio ordine, che dettava l’umiltà e la semplicità anche nelle forme dell’architettura.

Arnolfo rispettò in qualche modo lo spirito francescano e disegnò un edificio dall’aspetto apparentemente sobrio e spoglio. In realtà, le proporzioni grandiose e, soprattutto, la straordinaria ricchezza dei tesori d’arte ospitati al suo interno ne fanno l’espressione della magnificenza - più che della modestia.

A metà del Cinquecento Giorgio Vasari, su commissione di Cosimo I de’Medici, intraprese dei lavori di trasformazione della chiesa, che ne modificarono pesantemente la percezione spaziale: in osservanza alle indicazioni del Concilio di Trento, così come accadeva contemporaneamente a Santa Maria Novella, la navata fu resa più ampia, il coro venne abbattuto e molti degli affreschi trecenteschi furono rimossi. Al loro posto si posero grandi altari monumentali.

All’interno della Basilica di Santa Croce, è davvero sorprendente il numero delle cappelle: ve ne sono addirittura dodici. Nella cappella maggiore troviamo espresso il gotico nelle sue forme più autentiche: le finestre strette e altissime, la volta a ombrello dal profilo acuto, il forte slancio verticale. La luce delle vetrate istoriate inonda lo spazio con una vera e propria fantasmagoria di colori, che si aggiungono a quelli magnifici, e ancora brillanti, delle pitture. Le pareti sono completamente affrescate con le Storie della Vera Croce, capolavoro di Agnolo Gaddi: il riferimento è alla chiesa originaria che già nel Duecento possedeva una reliquia molto venerata della Santa Croce.

Poco oltre, a destra dell’abside, si aprono le due cappelle dei Bardi e dei Peruzzi, ricchi banchieri e mercanti fiorentini. Gli affreschi sulle pareti sono il testamento pittorico del più grande rinnovatore dell’arte trecentesca: Giotto. All’epoca, l’artista è in età avanzata, e la sua fama è già immensa. Giotto si dedica dapprima alla cappella Peruzzi e la affresca con le storie di san Giovanni Battista e di san Giovanni Evangelista.

Ma è nella seconda, quella dei Bardi – in cui dipinge sette episodi delle storie di San Francesco - che la sua opera raggiunge i risultati più straordinari, nell’intensa espressività delle figure, nella resa dei corpi, nel realismo degli spazi architettonici, delineati in una sintesi perfetta: è il punto più alto della sua opera pittorica e generazioni future di artisti verranno a Santa Croce ad ammirare e ad ‘imparare’.

Tra le numerose tombe ospitate a Santa Croce, quella di Michelangelo è sicuramente la più famosa. Fu progettata dal Vasari nella seconda metà del Cinquecento, dopo che le spoglie del grande artista tornarono a Firenze da Roma. Si tratta di un’opera totale, un tributo alla personalità geniale ed eclettica dell’artista: davanti al sepolcro, le personificazioni della pittura, della scultura e dell’architettura sembrano rattristarsi per la sua morte.

Sarebbe lunga la serie delle opere ancora da citare: la chiesa conserva ovunque testimonianze di eccezionale pregio, come l’Apparizione dell’angelo ai pastori, considerata la prima scena notturna della pittura trecentesca in Italia. O come il crocifisso di Donatello: pare che Brunelleschi si fosse indignato per le sue forme troppo grossolane e che abbia scolpito, in risposta, il crocifisso conservato nella basilica di Santa Maria Novella.

All’interno del refettorio, che rappresenta la parte più monumentale dell’intero complesso, è conservata la grande crocifissione di Cimabue, capolavoro dell’arte di tutti i tempi. L’opera fu orribilmente danneggiata nella catastrofica alluvione che Firenze subì nel 1966 - la tavola martoriata divenne, all’epoca, il simbolo più autentico della tragedia e delle perdite subite dalla città. Sulla parete ovest, come in ogni refettorio di convento - dove i monaci ricordavano gli episodi del vangelo mentre consumavano i pasti - vi è una raffigurazione dell’Ultima cena. Il momento è quello in cui Gesù annuncia il tradimento di uno degli Apostoli: Giuda è raffigurato di spalle e isolato dai suoi compagni, in modo da poter essere individuato immediatamente.

Con quest’opera viene fissato lo schema di riferimento per tutti i cenacoli dei più prestigiosi conventi e monasteri di dell’epoca. Una consuetudine che verrà infranta per la prima volta da Leonardo da Vinci, con la sua celeberrima Ultima cena.

A fianco della basilica, nel primo dei due chiostri trecenteschi – oggi collegati – si trova la cappella Pazzi. Il nome della famiglia è legato alla celebre congiura del 1478, un tentativo di eliminare la ricca e potente famiglia Medici dalla scena politica della città. La cappella viene generalmente attribuita al Brunelleschi ed è un vero e proprio manuale del pensiero rinascimentale: l’edificio è composto da un cubo, sormontato da una semisfera. Le forme sono semplici e rigorose. Gli spazi ben proporzionati e regolati da precisi rapporti geometrici.

Uscendo da Santa Croce ebbi un battito del cuore, camminavo temendo di cadere…” : è la sindrome di Stendhal, che lo scrittore provò all’inizio del XIX secolo, in visita a Santa Croce. Da allora, sono in molti i visitatori che provano lo stesso stordimento, di fronte a tanta straordinaria bellezza.

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