Secondo per dimensioni solo a quello di Siracusa, è uno dei più vasti teatri classici della Sicilia. Fu costruito in età ellenistica ma i Romani lo ricostruirono completamente utilizzandolo per spettacoli gladiatorii. Per edificare il teatro la cima del colle fu spianata e venne sfruttata per la cavea la vallata naturale. Sul fianco della cavea rimangono i resti di un tempietto, all'estremità delle gradinate è un porticato. Sulla scena c'erano nove colonne, rimesse in piedi durante i restauri ottocenteschi.
Dall'alto delle gradinate si gode si un'ottima visuale sulla scena ma soprattutto è estremamente suggestiva la vista dell'Etna e delle montagne della Calabria.
Nelle rappresentazioni teatrali gli attori erano esclusivamente uomini anche se si trattava di interpretare parti femminili. Indossavano delle maschere che identificavano il personaggio e molto spesso facevano della satira, prendendo di mira i personaggi in vista, quelli della politica o i costumi della città.
La forma d'arte più alta era rappresentata dalla tragedia, che portava sulla scena le opere dei maggiori tragediografi (Eschilo, Sofocle, Euripide, ad esempio) che avevano come oggetto i racconti eroici e personaggi mitologici.
Le rappresentazioni teatrali si svolgevano normalmente durante le feste popolari della città, dal momento che quello del teatro era considerato il momento pubblico per eccellenza: vi partecipavano infatti tutti i cittadini di ogni estrazione sociale e proprio perché luogo pubblico, il teatro delimitava un'area sacra, al cui centro era spesso un altare.
La scenografia non cambiava in base alla scena, come ai giorni nostri, era sempre la stessa, spesso dipinta, ed erano le battute dei personaggi, o gli annunci dei messaggeri a chiarire in quale luogo ci si trovasse e cosa fosse accaduto. La rappresentazione teatrale era quindi un momento di partecipazione di massa, sia a livello fisico che dal punto di vista della condivisione dei sentimenti con l'uno o l'altro personaggio.