La Stanza di Eliodoro era il luogo dove i pontefici tenevano le udienze private ricevendo ambasciatori e sovrani.
Fu la seconda affrescata da Raffaello e tutta la decorazione, non a caso, ha un fine puramente politico: serviva a mostrare attraverso i quattro affreschi sulle pareti come Dio nel corso dei secoli abbia sempre protetto Roma, la fede, il papa, e il suo patrimonio.
Messa di Bolsena
Per raccontare come Dio abbia vegliato sulla fede, Raffaello raffigurò su uno dei lati corti l’episodio della Messa di Bolsena.
L’affresco narra di un sacerdote dubbioso sul fatto che il pane e il vino della messa potessero trasformarsi nel corpo e nel sangue di Cristo. Secondo la leggenda, proprio durante la Consacrazione, il corporale, il panno di lino bianco che si trovava sull’altare, si macchiò di sangue.
L’episodio fece tanto scalpore che portò alla fondazione della Cattedrale di Orvieto, dove fu conservato il corporale, e all’istituzione della festa del Corpus Domini. Il fatto che a Raffaello fosse chiesto di rappresentare proprio quest’episodio, non fu un caso: a quel tempo erano stati sollevati molti dubbi sui dogmi della Chiesa e la Chiesa usò l’opera dell’artista per metterli a tacere.
Incontro di Leone Magno con Attila
Sulla parete di fronte viene narrata la storia di San Leone Magno che ferma Attila re degli Unni. Serviva a dimostrare che Dio, nel corso della storia ha protetto anche Roma, la sede del papa.
Quando Attila, giunto in Italia, si apprestava a marciare su Roma, papa Leone Magno decise di incontrarlo e secondo la leggenda, proprio durante l’incontro apparvero miracolosamente San Pietro e San Paolo armati di spada. Fu così che il re degli Unni abbandonò l’intento di invadere Roma. Raffaello scelse proprio questa città come scenografia, raffigurando il Colosseo e un acquedotto sullo sfondo, anche se in realtà l’incontro avvenne nei pressi di Mantova.
Papa Giulio II morì proprio mentre Raffaello stava realizzando questo affresco, così l’artista decise di ritrarre nelle vesti di S. Leone Magno, il nuovo papa; Leone X. Quest'ultimo curiosamente compare due volte nella scena, nelle vesti del papa e in quelle di un cardinale al seguito del papa stesso, probabilmente perché l’artista l’aveva già rappresentato così, prima che Giulio II morisse.
Liberazione di san Pietro
La Liberazione di San Pietro è un l’affresco realizzato per ricordare agli uomini che Dio ha sempre protetto anche i papi. Raffaello volle rendere omaggio a papa Giulio II dopo la sua morte e lo raffigurò come San Pietro.
La scena è cupa e drammatica, si alternano ombre e luci che rischiarano il miracolo: san Pietro, in prigione, viene liberato dalle catene da un angelo, mentre le guardie cadono in un sonno profondo. È ancora buio, il sole sta sorgendo e le torce risplendono, ma chi splende di più è l’angelo che porta in salvo San Pietro, che può essere interpretato anche come il papa defunto che viene accompagnato nell’Aldilà.
Cacciata di Eliodoro dal tempio
L’ultimo affresco che dà il nome alla stanza, è la Cacciata di Eliodoro dal Tempio e racconta un episodio biblico in cui Elidoro, principe Assiro del Vecchio testamento, dopo aver cercato di impadronirsi del tesoro del Tempio di Gerusalemme, viene scacciato da tre angeli.
La scena dimostra come Dio ha protetto, nella storia, anche il patrimonio della Chiesa. Raffaello scelse quest’episodio anche per raccontare il timore che regnava a Roma in quel periodo. Infatti incombeva il pericolo di un’invasione dei Francesi, che avrebbero attentato al potere temporale dei papi.
Il Tempio di Gerusalemme è rappresentato come la basilica di San Pietro e anche qui compare la figura di Giulio II che, a sinistra, seduto in trono, vestito con gli abiti del tempo, sembra assistere alla scena biblica, quasi come uno spettatore esterno.