Storia e consigli turistici su Pompei
Pompei ha origini antiche quanto quelle di Roma e i suoi abitanti discendevano da uno dei primi popoli italici, gli Osci. Dopo la metà del VII secolo a.C., un primitivo villaggio si stabilì proprio dove sarebbe nata la futura Pompei. Fu fondato in un punto strategico all'incrocio di tre importanti strade. Fu così che Pompei, passaggio obbligato tra Nord e Sud, e importante nodo viario e portuale, divenne presto molto ambita dai potenti stati confinanti.
La sua vita fu piuttosto movimentata: venne conquistata prima dalla colonia greca di Cuma, poi dagli Etruschi, fino a tornare sotto l'egemonia greca.
Il primo impianto urbanistico regolare risale al IV secolo quando Pompei fu coinvolta nelle Guerre Sannitiche e fu costretta ad accettare la condizione di socia di Roma, conservando comunque l’autonomia linguistica e istituzionale.
Nel II secolo a.C. la città divenne molto ricca grazie alla coltivazione intensiva della terra e la massiccia esportazione di vino e olio. A questa ricchezza si devono alcune delle più fastose dimore di Pompei, pari alle più famose dimore reali ellenistiche.
Durante la Guerra Sociale del 91 a.C. Pompei si alleò con altre città della Campania contro Roma, per tentare di ottenere la piena cittadinanza romana. Ma ogni tentativo di resistenza contro Silla fu vano e la città cadde quasi subito. Nell'80 a.C. entrò completamente e definitivamente nell'orbita di Roma e Silla trasferì qui una colonia di veterani, la “Colonia Venerea Pompeianorum Sillana”. Ai veterani vennero assegnate terre espropriate alla popolazione che aveva combattuto contro Roma.
Ma il benessere e soprattutto l'intraprendenza commerciale dei Pompeiani (che esportavano soprattutto vini della Campania) non venne meno.
Anche grazie al clima salubre e al paesaggio ameno la città e i suoi dintorni diventarono un piacevole luogo di villeggiatura per alcuni ricchi Romani, e lo stesso Cicerone, che possedeva qui un terreno, non disdegnava Pompei.
Le case di Pompei, sono celebri anche per le loro preziose e originali decorazioni, tanto da aver creato, dal II secolo a.C al 79 d. C., uno stile proprio, imitato anche a Roma.
Le pareti venivano decorate con la tecnica dell’affresco (su intonaco, con colori diluiti in acqua) o a tempera (diluendo i colori in solventi collosi e gommosi, con il rosso d'uovo e la cera) o a encausto (con colori miscelati con la cera). Uno studioso tedesco classificò la pittura pompeiana in quattro stili, basandosi sul trattato sulla pittura nel De Architectura di Vitruvio.
Il primo stile utilizza in alcuni casi, elementi di stucco a rilievo, imitando il rivestimento delle pareti. Predominano il rosso e nero, ma anche viola, giallo-verde, a imitazione del marmo.
Nel secondo stile vengono utilizzati cornici e fregi con rami e foglie dipinti che creano un’illusione di colori e ombre in un effetto “trompe l’oeil”; così in primo piano si trovano podi con finti colonnati e porte che si aprono in vedute prospettiche con particolari dei giardini, molto richiesti dai committenti. Andava anche molto di moda dipingere nature morte con cacciagione insieme a ortaggi e frutta.
Il terzo stile pompeiano viene chiamato anche “stile ornamentale”. Ribaltava completamente la prospettiva e la tridimensionalità dello stile precedente utilizzando a strutture piatte colori scuri, simili a tendaggi e tappezzerie, con al centro piccoli pannelli che raffiguravano scene di vario genere.
Il quarto stile fu detto anche “dell'illusionismo prospettico” e si distingue dagli altri per la presenza di architetture fantastiche e di grande impatto scenografico. Mescolava elementi e formule decorative precedenti, come le imitazioni dei rivestimenti di marmo, le finte architetture e trompe-l'oeil, candelabri, figure alate, tralci vegetali, caratteristici del terzo stile. Fu usato per decorare la maggior parte delle ville di Pompei quando la città fu ricostruita a causa del disastroso terremoto che la devastò il 5 febbraio del 62.
La mattina del 24 agosto del 79 d.C., gli abitanti di Pompei, ignari del fatto che di lì a poco il tempo si sarebbe fermato, alzarono gli occhi al al cielo e videro una nuvola scura e minacciosa a forma di pino, proprio sopra al Vesuvio. Alle dieci del mattino i gas che premevano all'interno del vulcano fecero esplodere la lava solidificata che ostruiva il cratere e la ridussero in innumerevoli frammenti: i lapilli, che la potenza del vulcano scagliò su Pompei insieme con una pioggia di cenere così fitta da oscurare il sole.
Fra terribili scosse di terremoto e esalazioni di gas mortali, la città rimase sepolta sotto oltre sei metri di cenere e lapilli.
Dei circa diecimila abitanti, almeno duemila rimasero uccisi, alcuni avvelenati dai gas durante la fuga, altri stritolati nelle loro stesse case dai tetti crollati sotto il peso dei materiali vulcanici.
Ma i Pompeiani non sapevano che le loro vite sarebbero rimaste sospese, custodite sotto il materiale vomitato dal Vesuvio e che l’intera città e alcuni dei suoi abitanti, sarebbero tornati alla luce secoli dopo a raccontare di quel giorno in cui il vulcano aveva fermato il tempo.
Della città si era quasi persa memoria, quando alla fine del XVI secolo l'architetto Domenico Fontana, incaricato di costruire un canale per il fiume Sarno, scoprì alcune epigrafi e degli edifici affrescati, ma non riconobbe i resti dell'antica Pompei.
Oggi la città ci appare in quasi tutta la sua estensione e ci riporta a quel giorno maledetto del 79 d.C.: sembra che la vita si sia interrotta un istante fa. Le scritte elettorali sui muri, gli accessori nelle case, le botteghe, tutto sembra ancora vivo, restituito con l'aspetto che aveva al momento dell’eruzione.
La città è attraversata dalla maestosa via dell’Abbondanza, l’asse centrale che corrisponde al decumano inferiore. Parte dal Foro e raggiunge Porta di Sarno e prende il nome dalla bella fontana decorata con un bassorilievo che raffigura l’abbondanza vista come una dama con la cornucopia. Questa strada, che si sviluppa per 600 metri, è ancora il quadro vivo e palpitante della più importante via commerciale della città. Inoltre, proprio qui si ritrovano iscrizioni dipinte sugli intonaci: la più eloquente documentazione sulla vita della città.
Il decumano invece era via della Fortuna che prende il nome dal tempio della Fortuna e attraversa la città da Ovest a Est.