Castel Sant’Angelo

Mausoleo di Adriano

Possente custode del luogo più sacro della città, Castel Sant'Angelo da quasi duemila anni svetta al di sopra del Tevere, con la sua mole un tempo simbolo del potere imperiale di Roma e divenuta più tardi fortezza papale.

Le pietre che lo compongono raccontano una storia di stratificazioni, trasformazioni e movimentate vicende che si sono susseguite nei secoli.

Venne costruito nel 123 d.C. dall'imperatore Adriano che voleva farne una tomba monumentale per sé e per i suoi familiari. Il terreno su cui sorgeva, già utilizzato in tempi antichi per sepolture, si trovava in una posizione favorevole in prossimità del fiume e fu collegato alla terraferma tramite un ponte, chiamato "Elio", uno dei nomi dell'imperatore. Ma Adriano morì prima che l'opera fosse portata a termine e a concluderla fu l'imperatore Antonino Pio che la utilizzò come sepolcro per la sua famiglia della quale l'imperatore Caracalla fu il più famoso rappresentante.

Il monumento che si presentava alla vista, costituito da tre blocchi sovrapposti, doveva essere imponente. Sulla sommità svettava la statua di Adriano che guidava una quadriga di bronzo nella veste del sole. L'intera enorme costruzione era completamente rivestita di marmi preziosissimi e decorata da numerose statue.

Nel medioevo, la sua funzione fu completamente stravolta: l'enorme mausoleo fu trasformato in una fortezza e nell'arco di dieci secoli subì numerose modifiche.

A quel tempo era una tecnica difensiva abbastanza diffusa il fatto di riutilizzare i monumenti della romanità (i teatri o le stesse tombe monumentali) all'interno delle mura per rafforzare alcuni tratti o per utilizzarli come avamposti nei punti più sensibili all'attacco dei nemici, così l'imperatore Aureliano, nel 271 d.C., lo inglobò nella nuova cinta muraria provvista di torri con cui circondò la città.

La sua posizione strategica di controllo all'accesso settentrionale della città, lo rendeva un avamposto fondamentale, così Castel Sant'Angelo, rafforzato da torri e mura, divenne un baluardo difensivo ai tempi delle invasioni barbariche e, già dal medioevo, si trasformò in una fortezza inattaccabile.

Particolarmente cara alla città è la grande statua dell'arcangelo Michele, che dà il nome al castello, posta in alto sulla grande terrazza; ricorda la terribile peste che colpì Roma nel 590 d.C. e che ebbe fine grazie alla miracolosa apparizione di un angelo.

A quel tempo era stato appena eletto papa Gregorio Magno, che si adoperò per scongiurare la terribile pestilenza affidando le speranze alla preghiera e a una processione, come si usava fare a quel tempo quando sciagure simili si abbattevano sulla città. Proprio mentre i fedeli in preghiera passavano lungo il Tevere, l'Arcangelo Michele apparve e si posò sul castello concedendo la grazia, nell'istante in cui ripose la sua spada nel fodero.

Il Castello mantenne nei secoli il suo ruolo difensivo, e la sua importanza aumentò soprattutto quando attorno alla tomba di San Pietro nacque il quartiere detto "Borgo". Papa Leone III lo cinse con le mura, chiamate Leonine, fondando attorno al Vaticano una cittadella fortificata che fu poi completata da papa Leone IV.

Durante il medioevo Castel Sant'Angelo fu conteso fra le famiglie più potenti di Roma fino al ritorno della corte papale dal lungo soggiorno ad Avignone, nella seconda metà del 1300, quando passò definitivamente nelle mani dei pontefici. Al ritorno dalla Francia, papa Urbano V stabilì che l'unica garanzia del controllo su Roma era la consegna delle chiavi del castello, quindi pose a sua difesa una guarnigione francese, ma la popolazione insorse, lo occupò e tentò addirittura di raderlo al suolo.

Bonifacio IX lo trasformò nella sua residenza, facendone una fortezza inespugnabile simbolo del potere temporale dei pontefici, collegata all'esterno con un ponte levatoio. Come ogni fortezza, il castello disponeva al suo interno di tutti i principali mezzi di sussistenza in caso di assedio: vi erano grandi cisterne d'acqua, granai, c'era addirittura un mulino.

Disponeva anche di una via di fuga alternativa voluta dai papi: il cosiddetto "Passetto di Borgo", un corridoio segreto che lo collegava alle mura leonine e al Vaticano, una comoda via di fuga che garantiva l'incolumità ai pontefici nelle situazioni di pericolo che certo non mancavano nella turbolenta Roma medievale.

Così non furono in pochi i papi che ne usufruirono percorrendolo piuttosto rapidamente: papa Alessandro VI Borgia lo usò per rifugiarsi nel castello sfuggendo alle truppe di Carlo VIII, mentre più famosa è la fuga di Clemente VII che lo sfruttò per sfuggire ai Lanzichenecchi, durante il più famoso sacco di Roma quello del 1527, correndo attraverso una pioggia di proiettili come nessun papa aveva mai fatto prima.

Castel Sant'Angelo fu considerato talmente difficile da espugnare che i papi decisero che non esisteva posto migliore per contenere le loro ricchezze e crearono al suo interno una "Sala del Tesoro", in cui era custodito un enorme forziere che conteneva l'erario. Questa enorme cassaforte fu costruita direttamente all'interno della sala e fu fatta molto più grande della porta d'ingresso proprio per impedire ai malintenzionati di riuscire a portarla via tutta intera.

Ai primi del XVI secolo, sotto il pontificato di Alessandro VI, fu completamente trasformato. Fu allora che divenne una possente macchina bellica: il basamento romano divenne la base per poderosi bastioni, la via d'accesso al castello attraverso il ponte fu resa più sicura con la costruzione di un torrione cilindrico e attorno alla cinta di mura le acque del Tevere crearono un fossato.

Durante il Rinascimento vi lavorò anche Michelangelo e la zona degli appartamenti papali divenne sempre più sfarzosa.

Infine Bernini lo rese ancora più scenografico: reinventò completamente il ponte che lo collegava alla terraferma, che divenne ponte Sant'Angelo, e lo rese un passaggio obbligato per i pellegrini che avrebbero oltrepassato il Tevere protetti dallo sguardo rassicurante di dieci bellissimi angeli che portavano i simboli della passione di Cristo.

Ma la presenza degli angeli non basta a cancellare la memoria delle atrocità commesse all'interno del castello: nei suoi cortili avvenivano efferate esecuzioni per decapitazione e le teste dei condannati venivano appese ai parapetti del ponte come monito per la popolazione; nelle segrete del castello, buie, umide, oscure prigioni si consumarono le torture più spietate ed a patire le sofferenze ed il carcere più duro furono anche personaggi illustri come Giordano Bruno, accusato di eresia e messo al rogo a Campo de' Fiori; il conte Cagliostro, mago, alchimista massone e guaritore, entrato e uscito dal carcere per truffe e rapine nel corso di una vita avventurosa e rinchiuso a Castel Sant'Angelo anche lui con l'accusa di eresia.

L'unico che riuscì ad evadere dalla fortezza fu Benvenuto Cellini, orafo, scultore e scrittore, imprigionato con l'accusa di aver sottratto beni al papa, anche se durante la fuga si fratturò una gamba.

Anche la musica infine, ha celebrato il monumento: Castel Sant'Angelo è lo scenario del tragico epilogo della "Tosca" di Giacomo Puccini, in cui la protagonista, sconvolta dal dolore per la perdita dell'amato e inseguita dalle guardie, si uccide gettandosi dal castello.

L'aspetto attuale del monumento si deve ai restauri di fine '800. In seguito fu utilizzato come caserma. Nel 1925, cessate le funzioni militari, fu istituito qui il Museo Nazionale di Castel Sant'Angelo che raccoglie collezioni d'arte.

Chiunque entri a Roma oggi, dirigendosi verso il Vaticano, non può fare a meno di alzare gli occhi e ammirare quell'opera che è cambiata coi secoli e che non ha più bisogno di difendersi, custodita dalla rassicurante presenza dell'angelo che dalla terrazza più alta, con le vesti e la capigliatura mosse dal vento, vigila sulla città e ancora la protegge.

Ponte Castel S'Angelo

Fin dai tempi di Adriano esisteva sul Tevere un ponte di collegamento all'originario mausoleo, il 'pons Aelius'- del quale rimangono solo le tre arcate centrali - poi trasformato in uno dei più scenografici percorsi barocchi sul fiume, grazie alla notevole sequenza di statue di angeli con i simboli della Passione, ideata da Gian Lorenzo Bernini.

Nel Quattro-Cinquecento il ponte aveva un aspetto completamente diverso da quello attuale: le statue non vi erano state ancora collocate mentre il camminamento era occupato da venditori ambulanti di oggetti sacri, ad uso dei numerosi pellegrini che lo attraversavano. In effetti, era uno dei percorsi più frequentati dai pellegrini in visita a San Pietro. Con il trasferimento dei papi ad Avignone il ponte cadde in stato di abbandono e non vi furono restauri, ad eccezione della decisione dell'antipapa Giovanni XXIII (1410-15) di bruciare le botteghe, ritenute troppo ingombranti per il traffico.

La cattiva manutenzione portò a un tragico evento, in occasione del Giubileo del 1450. Una mula imbizzarrita causò una tale pressione tra la folla in allarme, che furono addirittura duecento i morti tra coloro che rimasero schiacciati sul ponte e quelli che caddero nel fiume. L'incidente spinse il papa Niccolò V ad intervenire, con la costruzione di una porta fiancheggiata da due torri sul lato del castello, di un loggiato – ad opera di Leon Battista Alberti – e di due cappelle, ad una estremità del ponte, in memoria delle vittime. Ha inizio nel 1488 circa la brutale usanza di esporre le teste dei decapitati sulle spallette, e di appendere gli impiccati alle forche issate sul ponte.

Durante il Sacco di Roma le due cappelle furono utilizzate dai Lanzichenecchi per sparare con gli archibugi su Castello, in seguito furono demolite e sostituite con due statue di San Pietro e San Paolo, tuttora esistenti.

È da qui, probabilmente, che nasce l'idea di decorare il ponte con delle statue e prese piede quando, in occasione dell'arrivo a Roma di Carlo V nel 1536, papa Paolo III (1534-49) ne commissionò addirittura quattordici, anche se, in realtà, le statue, realizzate da Lorenzo Lotti, furono soltanto otto e vennero poi eliminate. Ma l'idea di rendere scenografico il ponte restò, e fu Clemente IX a commissionare al Bernini i celebri dieci Angeli con i simboli della Passione – opera degli allievi e seguaci dell'artista, che ne diresse l'esecuzione.

Partendo dal lato opposto al Castello, oltre le statue di S. Pietro e di S. Paolo, collocate nel 1534, si incontrano: l'Angelo con la spugna, l'Angelo con la lancia, l'Angelo col cartiglio, l'Angelo con la croce, l'Angelo con la veste e i dadi, l'Angelo con la corona di spine, l'Angelo con il Volto Santo, l'Angelo con il flagello e l'Angelo con la colonna.

L'Angelo con la corona di spine e l'Angelo con il cartiglio erano state, in realtà, eseguite personalmente da Bernini, ma il Papa, che intendeva portarle nella sua città natale, ordinò di sostituirle con delle copie. Il Papa morì prima di compiere il trasloco e il Bernini, che per le due statue non era stato pagato né intendeva pagarlo il nuovo papa, si fece consegnare i due angeli e se li tenne nella sua abitazione, in via della Mercede. Un nipote di Bernini, nel 1729, cedette infine i due angeli alla vicina chiesa di Sant'Andrea delle Fratte, dove tuttora si trovano.

Created: 09 Ago 2013
Last update: 23 Giu 2023
ItalyGuides.it

All rights are reserved. No part of any material on this web site may be reproduced, or stored in a database or retrieval system, distributed, or transmitted in any form or by any means, electronic, mechanical, photocopying, recording, or otherwise, without the prior written permission of the ComPart Multimedia srl.

MMXXIII Tèmperàntia Àngelus Sol

72729